Questo scritto vuole essere un mero contributo finalizzato
da una parte ad offrire alcuni elementi di chiarezza giuridica e dall’altra ad
evidenziare alcuni punti "critici" che costituiscono ancora
"zone d’ombra".
E’ opportuno delineare in primo luogo lo specifico quadro
normativo di riferimento che è di natura sia legislativa ( art. 2048 del Codice
Civile relativo alla responsabilità dei precettori; art.61 della L. 11 luglio
1980 n. 312 concernente la disciplina della responsabilità patrimoniale del
personale direttivo, docente educativo e non docente ) che contrattuale ( art.
42, 5° comma del CCNL del 14.8.95). Un riferimento alla vigilanza è presente
anche nell’art.10 lettera a) del Testo Unico delle disposizioni vigenti in
materia di istruzione n. 297 /94 in cui si prevede che il Consiglio di circolo o di istituto delibera sull’adozione del
regolamento interno che " deve stabilire le modalità …. per la vigilanza
degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola, nonché durante
l’uscita dalla medesima ".
In base a giurisprudenza risalente e consolidata , il
personale insegnante delle scuole sia private che pubbliche rientra nella
nozione dei cosiddetti " precettori " di cui all’art. 2048 , 2° comma
del C.C.
Per l’applicabilità dell’art.2048 c.c. anche ai dipendenti
statali cfr. Cass. Sez.Un. 3.2.72, n.260 ( in CED rv 356078) e Cass. Sez. Un.
9.4.73 , n.997 , in CED rv 363395) . Dunque, gli insegnanti in genere sono
responsabili dei danni causati a terzi "dal fatto illecito dei loro
allievi… nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. "
Ove si tratti di docenti di una scuola pubblica , la
responsabilità si estende alla pubblica amministrazione in virtù del principio
organico ai sensi dell’art.28 della Costituzione.
Soffermandoci sul dovere di vigilanza di cui sono investiti
gli insegnanti, è necessario evidenziare che l’art. 2048 , 3° c . del c.c.
prevede una responsabilità "aggravata" a carico dei docenti in quanto essa si basa su
di una colpa presunta , ossia sulla presunzione di una "culpa in
vigilando", di un negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza
sugli allievi, vincibile solo con la prova liberatoria di non aver potuto
impedire il fatto . E’ necessario cioè che venga provato da parte
dell’insegnante il caso fortuito, ossia un evento straordinario non prevedibile
o superabile con la diligenza dovuta in relazione al caso concreto ( età, grado
di maturazione degli allievi, condizioni ambientali ecc) . La prova liberatoria
è stata, inoltre, caricata dalla giurisprudenza di un contenuto nel tempo
sempre più gravoso . I "precettori
" non si liberano dalla responsabilità se non dimostrano in
"positivo" di aver adottato in via preventiva le misure idonee ad
evitare la situazione di pericolo favorevole alla commissione del fatto dannoso
. (Cfr. Cass. Sez. Un. 9.4.73, n.997. cit. , ove si ritiene che la presenza
dell’insegnante avrebbe potuto impedire l’evento dannoso con un intervento
tempestivo finalizzato a dividere i due alunni che litigavano , evitando così
che le ingiurie sfociassero in colluttazione.
Dinanzi ad una regola così rigorosa, resa ancor più severa
dall’orientamento delle Corti sul piano della prova liberatoria , si impone qui
una prima precisazione. La giurisprudenza di legittimità sull’art. 2048 c.c.
registra due filoni interpretativi.
Secondo un primo orientamento, l’art. 2048 2° c. del c.c.
prevede la responsabilità dei "precettori" nella sola ipotesi del
danno causato a terzi dal " fatto illecito" dei loro alunni commesso
nell’arco di tempo in cui essi sono sotto la loro sorveglianza. Invero, la
giurisprudenza risalente ( cfr. Cass. 28.7.67 n. 2012, in CED rv 329060), ma
non mancano pronunce recenti nel medesimo senso (Cass. civile sez. III, 10
febbraio 1999, n. 1135, in Giur. it. 2000, 507) , interpreta la norma in senso
restrittivo per cui non ritiene sussistente la responsabilità prevista
dall’art. 2048 nel caso di danno che l’alunno abbia causato a sé stesso.
Un secondo orientamento, invece, ha ritenuto applicabile la
norma anche in questa seconda ipotesi . Si veda la già citata Cass. .3.2.72,
n.260 ove si afferma che " la vigilanza è diretta ad impedire non soltanto
che gli alunni compiano atti dannosi a terzi ma anche che restino danneggiati
da atti compiuti da essi medesimi, da loro coetanei o da altre persone ovvero
da fatti non umani ".
Finora si è fatto indifferentemente uso del termine "
alunni " o "minori" . L’obbligo di vigilanza sugli
"allievi" previsto dall’art. 2048 c.c. , così come il riferimento
contrattuale alla vigilanza sugli "alunni" ( art. 42 , 5°c. CCNL
1995) non deve far ritenere che la responsabilità degli insegnanti possa
estendersi anche a situazioni che vedano coinvolti alunni maggiorenni .
Infatti, il fondamento di tale responsabilità è la violazione di quei doveri di
vigilanza ed educazione che "presuppongono" la minore età degli
allievi.
Dunque, sia che si applichi l’art. 2048 c.c. o l’art. 2043
c.c., con l’affidamento degli alunni all’istituzione scolastica si attua un
trasferimento di quegli obblighi di vigilanza che di regola incombono sui
genitori a tutela dei figli "minori" e che restano "sospesi"
per il periodo di tempo connesso all’affidamento stesso . Sarebbe incoerente
dal punto di vista sistematico che l’ordinamento gravasse gli insegnanti di una
responsabilità per danni in relazione ad alunni maggiori d’età quando la stessa
resta invece esclusa per i genitori
Finora si è fatto genericamente riferimento all’affermazione
di responsabilità del personale insegnante . Più correttamente si sarebbe
dovuto parlare di responsabilità civile della pubblica amministrazione e di
responsabilità patrimoniale degli insegnanti . Infatti, l’art.61 della
L.312/1980 ( Nuovo assetto retributivo e funzionale del personale civile e
militare dello Stato ) ha profondamente innovato la disciplina della
responsabilità del personale della scuola per i danni causati a terzi
nell’esercizio delle funzioni di vigilanza sugli alunni .
La lettera dell’art. 61 stabilisce che nel caso in cui
l’Amministrazione " risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti
degli alunni sottoposti a vigilanza ", la responsabilità patrimoniale
degli insegnanti è limitata ai soli casi di dolo e colpa grave . Esso prevede,
inoltre, che salvo rivalsa nelle suddette ipotesi di dolo o colpa grave,
l’amministrazione si surroga al personale "nelle responsabilità civili
derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi ".
Pertanto, in base a tale normativa, nell’ipotesi di
responsabilità per culpa in vigilando gli insegnanti statali non rispondono più
personalmente verso terzi rispetto ai quali risponde invece direttamente
l’Amministrazione su cui viene a gravare la responsabilità civile nelle azioni
risarcitorie, salvo rivalsa dello Stato nei confronti dell’insegnante in caso
di dolo o colpa grave .
CASISTICA E GIURISPRUDENZA
Quale che sia la norma applicata , la responsabilità degli
insegnanti e dell’ente scolastico incontra il limite esterno della temporalità
dell’obbligo di vigilanza. Per
ricorrente giurisprudenza l’obbligo della sorveglianza si protrae per tutto il
tempo dell’affidamento dell’alunno all’istituzione scolastica (Cfr. in tal
senso Cassazione civile, sez. I, 30 marzo 1999, n. 3074, in Giust. civ. Mass.
1999, 715) e quindi dal momento dell’ingresso nei locali e pertinenze della
scuola sino a quello dell’uscita , compreso anche il tempo dell’eventuale
trasporto degli alunni da casa a scuola e viceversa , se organizzato in proprio
dall’istituto (Cassazione civile, sez. III, 5 settembre 1986, n. 5424,in Nuova
giur. civ. commentata 1987, 493). La responsabilità della P.A., ai sensi degli
artt.2043/2048 c.c., sussiste anche al di fuori dell’orario scolastico, se è
stato consentito l’ingresso anticipato nella scuola o la sosta successiva (
Cassazione civile, sez. III, 19 febbraio 1994, n. 1623, in Giust. civ. Mass.
1994, ).
Entro tale lasso di
tempo rientrerebbero quindi non soltanto i momenti in cui si svolgono le
attività strettamente didattiche ma anche tutti gli altri momenti della vita
scolastica , ivi compreso quello della cosiddetta ricreazione , lo spostamento
da un locale all’altro della scuola, il servizio di mensa , le uscite, i viaggi
di istruzione ecc.
Gli allievi sono affidati agli insegnanti statali, di norma,
tramite i provvedimenti adottati dai capi di istituto relativi all’assegnazione
dei singoli docenti alle classi e alla predisposizione dell’orario di
insegnamento articolato settimanalmente o in modo flessibile alla stregua, in
particolare ,delle norme connesse all’autonomia scolastica ( art. 21 L. 59/1997
e gli artt. 4 e 5 del Regolamento sull’autonomia didattica ed organizzativa
delle istituzioni scolastiche, DPR n.275/1999 ) e della disciplina contrattuale
( art.24, CCNL del 26.5.99 ) . Gli
insegnanti sono pertanto tenuti alla sorveglianza sugli alunni e rispondono
della loro incolumità nell’esecuzione degli specifici obblighi di servizio
definiti contrattualmente ( cfr. l’art. 41 e 42 , 5° c. del CCNL del 1995 ) e
quindi in occasione delle attività
definite di insegnamento ( nelle quali rientrano le attività didattiche
frontali , gli eventuali interventi didattici ed educativi integrativi ,
l’assistenza alla mensa e tutte le altre attività collegate al completamento
dell’orario di servizio ), così come
durante i cinque minuti precedenti l’inizio delle lezioni, durante i quali gli
insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe per accogliere e vigilare sugli
alunni . I docenti rispondono in tutti i casi in cui singoli alunni o
gruppi di alunni , provenienti anche da classi diverse , sono ad essi
espressamente affidati per svolgere attività curriculare o extra-curriculare,
nell’ambito sia dell’orario d’obbligo che in caso di svolgimento di attività
aggiuntive di insegnamento deliberate dal Collegio Docenti.
Ma quid iuris in tutte quelle circostanze non ben definite
che possono verificarsi quotidianamente o comunque assai frequentemente durante
l’orario scolastico ? A scopo esemplificativo si potrebbe menzionare
l’eventualità di un ritardo o di assenza del docente che deve prendere "in
consegna " la classe al cambio dell’ora di lezione o la possibilità che la
pausa della ricreazione si svolga contemporaneamente in locali diversi
dell’istituto scolastico ( classe-corridoio-cortile ) , o l’ipotesi in cui più
classi risultino scoperte a causa dell’assenza di alcuni insegnanti e ad altre
simili situazioni .
I capi di istituto ( i quali potrebbero essere chiamati a
rispondere di eventuali danni sofferti dagli allievi per carenze di misure
organizzative finalizzate alla predisposizione di una adeguata sorveglianza sui
minori ), allo scopo di evitare possibili attribuzioni di responsabilità
impartiscono, di norma, disposizioni , generali o mirate a specifiche
situazioni , nelle quali viene richiesto ai docenti di garantire la vigilanza
sugli alunni .Tali disposizioni , spesso estremamente generiche , prive cioè di
effettive indicazioni organizzative , sono di fatto sostanzialmente finalizzate
a realizzare " l’affidamento indifferenziato " di un numero
imprecisato di alunni ai docenti e a gravarli così di una sorta di "
obbligazione di risultato" . A titolo esemplificativo, si possono citare
circolari in cui si richiede , ai docenti dell’ora antecedente la ricreazione,
di garantire la vigilanza sugli alunni durante l’intervallo " sia "
nei corridoi "sia " all’interno delle classi, o in cui si dispone che
gli insegnanti presenti assicurino la sorveglianza delle classi
"scoperte" fino alla copertura delle stesse o in cui si richiede in
modo imprecisato ai docenti di collaborare per "garantire la sorveglianza
sugli alunni minori " anche in occasione dei periodi di cosiddetta "
autogestione" studentesca " riconosciuta " dall’autorità
scolastica .
Dinanzi a tali disposizioni , che comunque potrebbero essere
foriere di possibili affermazioni di responsabilità da parte di una
giurisprudenza , come si è visto , estremamente severa nel valutare la condotta
degli insegnanti in materia di vigilanza, l’unica soluzione sembra essere
quella di una copertura assicurativa per i rischi connessi ad un’azione di
rivalsa da parte della pubblica amministrazione condannata a risarcire il danno
subito dal minore .
Infatti, se da un lato le disposizioni dei capi di istituto
risultano spesso più funzionali alla loro esigenza di andare esenti da
responsabilità che ad una realistica , effettiva ed efficace organizzazione
della vigilanza, non e’ da escludere che, nonostante la più scrupolosa
attenzione dell’insegnante, il comportamento di quest’ultimo potrebbe essere
comunque oggetto di censura. Invero, le comprensibili aspettative dei genitori
del minore danneggiato trovano sovente ascolto da parte di una magistratura che
per soddisfarne le pretese risarcitorie risulta più incline a condannare la
P.A. e poco propensa a valorizzare "le ragioni" del docente.
Sarebbe pertanto auspicabile , ad avviso di chi scrive, un
maggior impegno da parte dei dirigenti scolastici sotto il profilo della
predisposizione delle misure organizzative necessarie a realizzare una
vigilanza adeguata sui minori che nel contempo circoscrivano obblighi e
responsabilità dei docenti.
Si sottolinea , infine, che
l’affidamento dei figli minori all’amministrazione scolastica e , per il suo
tramite al personale docente , non esclude la responsabilità dei genitori per
il fatto illecito da quelli commesso. Infatti la responsabilità del genitore
ai sensi dell’art.2048 , 1° c., e quella del precettore , ex art.2048, 2° c.,
per il fatto commesso dal minore capace durante il tempo in cui è ad esso
affidato , non sono tra loro alternative ma concorrenti , poiché l’affidamento a terzi solleva il genitore soltanto dalla
presunzione di colpa in vigilando, , non anche da quella di colpa in educando ,
" rimanendo i genitori tenuti a dimostrare di aver impartito al minore
un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti " (cfr. Cass. 21
settembre 2000, n.12501, in Giust. Civ., 2000, I, 2835 ; cfr. anche Cass. 26
novembre 1998 n.11984, in Giust. Civ. mass. 1998, 2460 , secondo cui
l’inefficacia dell’educazione impartita dai genitori, ai fini dell’affermazione
della loro responsabilità per il risarcimento del danno causato dai loro figli
, è desumibile anche dalla condotta di questi in violazione di leggi e
regolamenti) . Nel caso di specie , il minore si era allontanato da scuola
durante l’orario scolastico alla guida di un motorino altrui, senza avere il
patentino, con a bordo una compagna di cui aveva provocato la morte in uno
scontro contro un’auto . Nello stesso senso si veda . anche Cass. 9 ottobre
1997 n. 9815, in Studium Juris, 1998, 426, e Cass. 1.4.80, n. 2119 .
La condotta del minore può essere quindi ricondotta in parte
o in via esclusiva ai genitori per culpa in educando ; pertanto anche essi
possono essere chiamati a rispondere in solido con l’insegnante per il fatto
dell’allievo . Va qui ribadito che , ai sensi dell’art. 61 della L.312/80 ,
l’insegnante statale non può più essere chiamato a rispondere direttamente ne’
per il danno causato dall’alunno a terzi ne’ per il danno procurato
dall’allievo a sé stesso. Legittimata passiva nell’azione risarcitoria promossa
da terzi può essere solo la Pubblica Amministrazione. Quest’ultima , a seconda
dell’andamento del contraddittorio processuale, potrebbe rispondere sia in via
esclusiva, sia in solido con i genitori del minore corresponsabili per culpa in
educando, se non addirittura ( ma si tratta di una mera ipotesi) in solido con
lo stesso minore capace. La Pubblica Amministrazione condannata a risarcire il
danno , come si e’ gia’ avuto modo di evidenziare, può agire in rivalsa
sull’insegnante in caso di dolo o colpa grave . Nel caso in cui la pubblica
amministrazione sia stata condannata in solido con i genitori del minore ed
abbia provveduto al pagamento dell’intera obbligazione, la stessa può agire in
regresso su di loro .
In definitiva, alla
luce dei diversi orientamenti giurisprudenziali , quale è dunque la condotta
che il personale insegnante dovrebbe prudentemente tenere al fine di evitare
un’eventuale affermazione di responsabilità a suo carico ?
A titolo esemplificativo , chi scrive è dell’avviso che , se
il docente , valutate le circostanze concrete ( età degli alunni , grado di
maturazione effettivo degli stessi , capacità di autocontrollo ed affidabilità
, presenza o meno di alunni portatori di handicap , caratteristiche ambientali
ecc. .) , ritiene che la situazione non sia del tutto priva di rischi , non
deve allontanarsi per recarsi in un’altra classe, anche in caso di ritardo
prolungato dell’insegnante a cui dovrebbe passare "in consegna " gli
alunni . Dinanzi all’alternativa tra sacrificio del diritto allo studio e tutela
dell’incolumità personale dei minori , non può che soccombere il primo ,
nonostante le ovvie conseguenze negative sul piano della didattica ed il
possibile verificarsi di situazioni "paralizzanti " , ove due o più
insegnanti , si attendano a vicenda .
Analogo comportamento dovrebbe tenersi nel caso in cui il
docente avesse cessato il suo orario di servizio e non sarebbe quindi
contrattualmente obbligato a trattenersi nell’istituto scolastico . Anche in
questa ipotesi, la vigilanza sull’incolumità del minore dovrebbe prolungarsi
per il tempo necessario a rendere nota la situazione all’amministrazione
scolastica e permettere ad essa di provvedere ad organizzare l’affidamento dei
minori ad altri docenti a disposizione o , in mancanza , di predisporre la sorveglianza
su di essi con altri mezzi ritenuti idonei ( tra quelli più ricorrenti , la
divisione della classe " scoperta " in piccoli gruppi ripartiti tra
più classi ).
Al contrario, il ritardo , anche non comunicato , o
l’assenza dell’insegnante a cui avrebbe dovuto essere affidata la classe non
costituisce fonte di responsabilità per il docente, perché è " compito
della direzione scolastica provvedere comunque ad affidare gli alunni ad altro
personale ( anche ausiliario) nei momenti di precaria e temporanea assenza
dell’insegnante " ( Cfr. Corte dei Conti , Sez. I , 26 marzo 1992 n.86, in
Riv. Corte conti , 1992, fasc. 2, 93) .
Per quanto riguarda l ‘intervallo , la giurisprudenza
contabile ha recentemente confermato la sussistenza della responsabilità "
del professore per colpa grave in vigilando per il danno derivante
all’amministrazione scolastica dall’incidente occorso ad un alunno durante la
ricreazione "(cfr. Corte dei Conti , Reg. Piemonte 11 ottobre 1999 n.1590
, in Riv. Corte conti, 2000, fasc. 1, 107; nella fattispecie l’alunno giocava
con i compagni al " lancio del cancellino "). Si ritiene pertanto
comportamento prudente, sotto la soglia dei quattordici anni, non allontanarsi
dalla classe " affidata " o dal luogo assegnato per l’effettuazione
della vigilanza sugli alunni .
CONCLUSIONI
Anche il mondo della scuola risente dell’aumentato tasso di
litigiosità giudiziaria che da qualche tempo caratterizza la condotta dei
danneggiati che, per il ristoro dei danni subiti, chiamano in giudizio ( anche
se spesso non a torto) un qualche responsabile : il medico per presunta
negligenza , il Comune che avrebbe trascurato la manutenzione del manto
stradale, il condominio perché avrebbe contravvenuto ad una qualche normativa ,
e così via , per arrivare al docente che "avrebbe mancato" di vigilare
sugli alunni. Gli spiragli offerti da qualche ponderata e ragionevole decisione
( che valorizza l’età dell’allievo o che non pretende l’impossibile
dall’insegnante presente al momento del fatto) non sono sufficienti ad
intaccare l’orientamento prevalente della giurisprudenza caratterizzato da un
estremo rigore nel valutare la condotta dell’insegnante il quale, gravato
dall’inversione dell’onere della prova, è destinato il più delle volte a
soccombere nel relativo giudizio di danno (in prima battuta, invero, lo Stato e
non egli direttamente). Nel procedimento civile , infatti, il docente, come si
è più volte evidenziato, non è parte ( l’azione risarcitoria va promossa nei
confronti della P.A. che è la sola legittimata passiva); pertanto, egli non
partecipa ad un processo in cui si decide sulla sussistenza o meno della
responsabilità della P.A. che ha come suo presupposto la colpa dell’insegnante.
L’esclusione dell’azione diretta contro il docente, solo in
apparenza costituisce un vantaggio, mentre potrebbe rivelarsi al contrario una
menomazione del suo diritto di difesa e un mero differimento di un suo
coinvolgimento processuale ( dinanzi alla Corte dei Conti) nell’ambito di una
azione di rivalsa nei suoi confronti da parte della P.A. condannata al
risarcimento del danno.
Ufficialmente, a mezzanotte del 13 settembre 2013 scatterà il taglio di 947 uffici giudiziari previsto dalD.Lgs 7 settembre 2012, n. 155: 30 tribunali, 30 procure, 220 sezioni distaccate e 667 sedi di giudice di pace in meno.
Grazie però ai provvedimenti firmati da Annamaria Cancellieri alcuni di essi non chiuderanno in maniera definitiva: gli edifici degli uffici soppressi saranno infatti in molti casi ancora usati per l'attività giurisdizionale, soprattutto ai fini dello smaltimento del contenzioso pendente. L'articolo 8 del D.Lgs 7 settembre 2012, n. 155 prevede infatti che "quando sussistono specifiche ragioni organizzative o funzionali [...] il Ministro della giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del tribunale, per un periodo non superiore a cinque anni [...] gli immobili [...] adibiti a servizio degli uffici giudiziari e delle sezioni distaccate soppressi".
Il tribunale di Cuneo per esempio utilizzerà per i prossimi 3 anni e mezzo i locali delle sedi "formalmente" soppresse di Mondovì e di Saluzzo per tre anni e sei mesi.
Elenco delle proroghe:
- sei mesi di proroga ai tribunali di Vigevano e Voghera, alla procura di Voghera e alla sede distaccata di Abbiategrasso;
- dieci mesi al tribunale di Pinerolo e alle sezioni distaccate di Moncalieri e Susa;
- un anno alla procura di Pinerolo e alle sezioni distaccate di Ischia, Marano di Napoli e Casoria;
- due anni di proroga alla sezione distaccata di Terracina e alla sezione distaccata di Tortona;
- tre anni al tribunale di Casale Monferrato;
- tre anni e mezzo alle sezioni soppresse di Mondovì e Saluzzo;
- cinque anni alla sezione distaccata di Acqui Terme nonché al tribunale e alla Procura di Lucera.
Annamaria Cancellieri, intervistata oggi da Radio 1 Rai, nel corso della trasmissione "Start" ha inoltre voluto precisare che "nelle zone ad alto tasso di criminalità non sono stati chiusi i tribunali. Nei correttivi che porremo probabilmente nei prossimi giorni - e uso il condizionale perché devo valutarli con Camera e Senato - non ci saranno più situazioni a rischio in zone ad alto tasso di criminalità. Quello che conta è che gli uffici funzionino e che siano strutturati bene".Nel frattempo 40 sindaci del Piemonte hanno riconsegnato simbolicamente la fascia tricolore alla prefettura di Cuneo come segno di protesta contro la chiusura del tribunale di Alba.